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La ricerca in Italia: pochi investimenti, ottimi risultati

Scienziata tiene in mano il plastico di una molecola 
13.01.2014
L'Italia investe poco nella ricerca: è questo che sentiamo ripetere continuamente sui giornali e in televisione, perché questi sono i dati che ci vengono trasmessi dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE). Ma cosa succede se, invece di puntare il dito sulla quantità dei soldi spesi per ricerca e sviluppo, spostiamo l'attenzione sulla qualità e sui risultati della ricerca stessa? Alcuni dati interessanti in proposito sono forniti dall'International Comparative Performance of the UK Research Base 2013, il report realizzato dalla società Elsevier su richiesta del Department of Business, Innovation and Skills del governo britannico.

La performance della ricerca scientifica in Italia


Il documento, che si concentra su alcuni aspetti della qualità della ricerca scientifica, si basa sui dati forniti da tre diversi soggetti: l'OCSE, per quanto riguarda i dati sulle dimensioni degli investimenti in ricerca e sviluppo; il database Scopus, per quanto concerne i dati su articoli e citazioni; e infine la World Intellectual Property Organization (WIPO), l'agenzia delle Nazioni Unite che raccoglie i dati su proprietà intellettuale e brevetti. Pur focalizzandosi sulla situazione del Regno Unito, il report fornisce numerosi dati comparativi anche su alcuni dei paesi più industrializzati del mondo, fra cui anche l'Italia. In questo modo è stato possibile ricavare alcune informazioni importanti sulla qualità della ricerca anche nel nostro paese.

Il primo dato che sorprende è quello sul Field Weighted Citation Impact (FWCI). Il FWCI indica la qualità degli articoli accademici sulla base del numero di citazioni ottenute dagli articoli dei ricercatori di un dato paese, rapportati al numero di citazioni medie in ognuno dei settori scientifico-disciplinari coperti da questi articoli. Su questo frangente, l'Italia si trova in terza posizione, come mostrato dalla figura 4.6. I settori in cui gli articoli dei ricercatori italiani vengono citati in misura maggiore, spesso con livelli molto più alti rispetto a quelli degli altri paesi, sono l'ingegneria (con un FWCI addirittura doppio rispetto alla media mondiale), l'economia, le scienze cliniche e quelle ambientali, come mostra la figura 4.11.


Figura 4.6 - Field Weighted Citation Impact dell'Italia


Figura 4.11 - Field Weighted Citation Impact dell'Italia per settore scientifico-discplinare

Come mostrano le figure 6.1 e 6.2, l'Italia consegue inoltre ottimi risultati anche per quanto riguarda il numero di articoli e il numero di citazioni in rapporto agli investimenti in ricerca e sviluppo (GERD), piazzandosi al terzo posto in entrambe le classifiche.


Figura 6.1 - Numero di articoli in rapporto agli investimenti in ricerca e sviluppo


Figura 6.2 - Numero di citazioni in rapporto agli investimenti in ricerca e sviluppo

Il nostro paese ottiene risultati analoghi anche per quanto riguarda il numero di articoli e il numero di citazioni in rapporto ai soli investimenti in ricerca universitaria (HERD), come mostrano le figure 6.3 e 6.4. In questo caso l'Italia è al quarto posto, appaiata nel primo caso con il Regno Unito e nel secondo caso con gli Stati Uniti.


Figura 6.3 - Numero di articoli in rapporto agli investimenti in ricerca universitaria


Figura 6.4 - Numero di citazioni in rapporto agli investimenti in ricerca universitaria

Ma la vera eccellenza dell'Italia sta nella produttività dei suoi ricercatori. I dati sul numero di articoli pubblicati e sul numero di citazioni per ricercatore è il più alto fra tutti i paesi presi in esame dal report, come mostrano le figure 6.5 e 6.6. Gli autori del rapporto notano però come un dato un così elevato possa far pensare a una sottostima del numero dei ricercatori italiani.


Figura 6.5 - Numero di articoli per ricercatore


Figura 6.6 - Numero di citazioni per ricercatore

Un altro dato di assoluta eccellenza, stavolta inequivocabile, riguarda il numero di startup e spin-off fondati per sviluppare o sfruttare economicamente idee e progetti coperti da brevetto. Anche in questo caso l'Italia risulta prima, davanti a Regno Unito e Spagna.


Figura 7.3 - Numero di startup e spin-off in rapporto agli investimenti in ricerca e sviluppo

L'ultimo grafico mostra invece la mobilità dei ricercatori da e verso il nostro paese: si nota che, fenomeno unico tra i paesi considerati, in Italia arrivano in gran parte ricercatori provenienti dalle industrie per lavorare nelle università, mentre i nostri ricercatori universitari trovano impiego prevalentemente nelle imprese estere.


Figura 7.11 - Mobilità dei ricercatori fra università e industria

Questi dati dimostrano come, soprattutto in rapporto agli scarsi investimenti sia pubblici che privati in ricerca e sviluppo, la qualità della ricerca scientifica italiana sia di assoluto livello. Il numero di articoli per ricercatore dimostra quanto i nostri ricercatori siano attivi e produttivi, mentre il dato elevato a proposito del FWCI dimostra l'alto valore della produzione scientifica italiana, riconosciuto sia in Italia che all'estero. Il gran numero di startup e spin-off in rapporto alle risorse investite dimostra, infine, una crescente volontà di valorizzare i risultati della ricerca scientifica, trasformandoli in nuova impresa. Infine, mentre esportiamo cervelli dalla nostra accademia al mondo privato, proprio da quest'ultimo settore arrivano i ricercatori che ripopolano i nostri atenei.

La fonte dei dati e dei grafici riportati in questo articolo è il report International Comparative Performance of the UK Research Base – 2013. Il testo integrale del rapporto è disponibile, in formato PDF e scaricabile, sul sito ufficiale del governo britannico.

Link utili
Gov.uk - Performance of the UK research base: international comparison 2013

Carlo Contu
Redattore