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RICERCA E SVILUPPO TECNOLOGICO IN SARDEGNA
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Il gioco serio del ricercatore: tra computer grafica, giganti e manoscritti medioevali

Gigante Mont'e Prama 
04.07.2016
Il CRS4 è impegnato in percorsi di alternanza scuola lavoro in collaborazione con gli Istituti di istruzione superiore della Sardegna, offrendo la possibilità ai giovani della nostra regione di entrare in contatto con professionisti in ricerca scientifica e tecnologica impegnati in diversi settori del sapere.

Cinque studenti del Liceo classico "Motzo" di Quartu Sant'Elena hanno vissuto la loro esperienza nel gruppo di comunicazione del CRS4 e hanno provato a vestire i panni di chi racconta al pubblico quali sono le attività del centro e come sono le persone che ci lavorano.

Il gruppo di giovani studenti è stato accompagnato nella preparazione di due incontri con altrettanti ricercatori e nella stesura delle relative interviste, che saranno pubblicate in due tempi qui sulla webzine "Archimede".



Gli schermi scuri che ci accolgono nel Video Lab del CRS4 sembrano attendere ansiosamente il momento in cui verranno accesi, l'istante in cui potranno mostrare orgogliosi il lavoro dei ricercatori. Come Ruggero Pintus, che abbiamo intervistato durante il tirocinio in Alternanza Scuola Lavoro. Abbiamo letto la breve biografia sul sito del CRS4 e ci ha colpito soprattutto la sua esperienza negli USA. Ecco la nostra intervista.

In cosa consiste la sua attività?
Mi occupo di Computer Grafica e in particolar modo il nostro gruppo si occupa della gestione di modelli di grandi dimensioni. La ricerca in questo campo è molto importante: se da un lato l'hardware grafico è sempre più potente, dall'altro lo sono anche gli strumenti con cui si acquisiscono i modelli digitali. Questo fa sì che ci sia comunque sempre la necessità di nuovi algoritmi per la gestione efficiente di questo genere di dati.

Cosa la affascina maggiormente?
Credo che il punto non sia quanto è affascinante o meno ciò che si sta facendo, ma la possibilità di fare le cose con entusiasmo, serietà, cercando di provare gioia nello specializzarsi in un'attività specifica. La mia fortuna è stata proprio quella di potermi dedicare sempre allo stesso ambito di ricerca, cominciando all'Università di Cagliari con la Computer Vision. Mi affascina la creazione di algoritmi in grado di svolgere con tranquillità le stesse attività dell'uomo. È affascinante la capacità che la macchina può avere di imparare dall'uomo e replicare le sue attività.

E su questo fronte ci possono essere dei rischi?
Non nel nostro settore. I rischi a cui fate riferimento sono collegati ad una branca molto specifica dell'Intelligenza Artificiale, e sono un problema noto, non solo dal punto di vista etico. Tuttavia, quel genere di ricerca è molto diverso da ciò di cui ci occupiamo noi. So che molti stanno accendendo delle spie sui rischi collegati alla creazione di un'intelligenza artificiale in grado di autogenerarsi, poiché potrebbe uscire fuori controllo. Il filosofo della Oxford University, Nick Bostrom, nel suo Ted Talk 'What happens when our computers get smarter than we are?', parla di questo tema. Potremmo arrivare a sviluppare un'intelligenza artificiale con un grado di complessità tale da poter decidere autonomamente del nostro futuro e scegliere di compiere azioni contro di noi, se i parametri per cui è stata ottimizzata gliene dessero la possibilità. Ma questo è molto lontano dal nostro filone di ricerca.

Consiglierebbe ai giovani di intraprendere l'attività di ricercatore?
Direi di sì, poiché la ricerca fornisce la possibilità di 'lanciare il sassolino un po' più in là' nella conoscenza, grazie allo studio e alla passione.

Quali sono i problemi di questa professione?
La ricerca è tale solo se si fa a livello internazionale. E questo è collegato ad un alto fattore di rischio insito in questa attività. Uno dei problemi principali per i ricercatori di ogni tipo è la tendenza internazionale a concentrarsi su progetti a breve scadenza, immediatamente realizzabili e pubblicabili, mentre si dà meno importanza a progetti di più ampio respiro. Una questione cruciale è il reperimento dei fondi per svolgere le attività di ricerca.

Tra i suoi progetti figura anche la digitalizzazione dei manoscritti, svolta a Yale. Vi si è dedicato perché la affascina il contrasto tra antichi e nuovi metodi di comunicazione?
Sicuramente il contrasto e l'incontro tra tecnologia e cultura sono affascinanti, ma non è il motivo scatenante per cui ho accettato di dedicarmi a questa attività. Yale ha un noto gruppo di Computer Grafica, la cui attività era incentrata sulla valorizzazione dei Beni Culturali dell'Università, ovvero statue e manoscritti. Il mio background di ricerca combaciava con le competenze da loro richieste e quindi l'ho considerata una buona occasione di miglioramento professionale. Yale era particolarmente interessata alla valorizzazione di questi manoscritti per via della difficoltà nell'individuazione del luogo e del tempo in cui erano stati scritti.

Come lavoravate sui manoscritti?
Dopo aver acquisito le immagini digitali delle pagine, le parole venivano analizzate tramite software per trovare i caratteri particolari che distinguevano i diversi monasteri e il periodo di composizione. Questo processo tecnologico di analisi è più veloce di quello manuale e comporta molti meno rischi di usura per i libri.

Nel 2007 a 27 anni grazie a una borsa di studio ha avuto la possibilità di lavorare nella sede centrale della HP, a Palo Alto, in California. Come ricorda quell'esperienza?
L'ambiente di lavoro alla HP, come anche qui al CRS4 e a Yale, era splendido e stimolante. Ricordo di aver incontrato studiosi che avevano dato il nome a tecniche informatiche da me studiate all'università. Ho apprezzato soprattutto la possibilità di incontrare persone competenti ed esperte e di visitare un posto in cui è nata gran parte della tecnologia, una sorta di fonte del sapere.

Potrebbe fare un confronto tra mentalità, produttività e professionalità statunitense e italiana?
Io non generalizzerei. L'importante è vivere il proprio lavoro come un, diciamo, "gioco serio". Persone che provano gioia nello svolgere il loro lavoro bene e in maniera seria esistono in tutto il mondo. Ovviamente, chi è appassionato legge di più sull'argomento, fa più cose e quindi acquisisce più conoscenza. Da tanto studiare nascono l'intuizione e la creatività. Picasso, se non ricordo male, diceva: "La Musa mi incontra lavorando".

Quindi cosa è per lei l'ispirazione?
È un cortocircuito mentale che arriva quasi senza volerlo, dopo tanto studio e lavoro. Come in una ricetta di cucina a seconda degli ingredienti si ottiene un determinato sapore, così dal ragionamento e dallo studio, a seconda di ciò che si è letto e approfondito, nasce il corto circuito, un'idea nuova.

Lei, dunque, ha una visione unificata dell'ispirazione?

Certo. Anche nella musica, che ho studiato ottenendo il diploma di pianoforte, l'ispirazione nasce solo dopo che ti sei applicato duramente, e hai studiato tanto. Il giornalista canadese Malcolm Gladwell, nel libro Outliers, introduce la regola delle 10.000 ore, secondo la quale solo dopo 10 anni, ovvero 10.000 ore, lavorando 8 ore al giorno, si può raggiungere la padronanza del sapere in un campo. Ovviamente non bisogna generalizzare, ma, ogni tanto, è bene scendere da un'idea euforica della "ispirazione" e ricordare più sobriamente che senza duro lavoro e studio difficilmente si ottengono risultati.

Per quanto riguarda il suo lavoro al CRS4 nel Visual Computing Group, giudica importante il confronto con i colleghi?
A mio parere non si può lavorare da soli. Il rapporto lavorativo, che talvolta diventa anche di amicizia, è fondamentale per confrontarsi e lavorare cooperativamente, per il raggiungendo di buoni risultati.

E quali potrebbero essere a suo parere le applicazioni future della Computer Grafica?
Una delle più promettenti linee di ricerca è quella dei Light Field Displays, per esempio nella loro applicazione in campo medico. Nelle tecniche stereoscopiche tradizionali vengono inviati solo 2 raggi di luce, uno all'occhio sinistro e uno all’occhio destro, e a seconda dell'angolazione l'immagine si deforma. Grazie a questa tecnologia si possono realizzare schermi olografici su cui viene proiettata un'immagine 3D che non si deforma a seconda della posizione dell'osservatore.

Cosa l'ha spinta a intraprendere l'attività di ingegnere elettronico? È stato motivato dalla passione o cercava la sicurezza lavorativa?
Nessuna delle due. Ho iniziato pensando che avrei fatto il musicista, ma, alla fine, la vita mi ha portato a fare una professione che mi piace esattamente come prima mi piaceva la musica.

Le piacerebbe, invece, fare computer grafica applicata alla musica?
Mi affascina parecchio l'idea dell'intelligenza artificiale applicata alla composizione musicale, per tirare fuori dal pezzo musicale qualcosa che a occhio non è visibile e che ha un effetto enorme sull'interpretazione, e che, quindi, possa trasmettere qualcosa di nuovo, di diverso.

Tra i suoi progetti, quale le sta particolarmente a cuore?
Senza dubbio la digitalizzazione delle statue di Mont'e Prama, conservate nei musei archeologici di Cagliari e di Cabras. Rappresenta un esempio di come la ricerca possa essere d'aiuto alla comunità in cui essa si inserisce. Questo progetto, inoltre, è valso al nostro gruppo numerosi riconoscimenti a livello internazionale: primo premio come migliore pubblicazione alla conferenza internazionale Digital Heritage nel 2013 e nel 2015.

Potrebbe raccontarci brevemente l'avventura di Mont'e Prama?
Quando la Soprintendenza Archeologia della Sardegna ci ha coinvolto nell'acquisizione tridimensionale delle statue abbiamo accettato una sfida. In quel caso il problema principale consisteva nella tipologia di dato: statue poggiate su supporti metallici la cui presenza rendeva problematica l’acquisizione. Dopo aver acquisito 6.000 scansioni e 6.000 foto delle 37 statue, abbiamo sviluppato nuovi algoritmi che costituiscono la parte innovativa del nostro lavoro.

L'intervista si è rivelata interessante e ci ha fornito numerosi spunti di riflessione sui nostri concetti di ricerca, intuizione e lavoro. Alla luce delle risposte di Ruggero Pintus alle nostre curiosità, possiamo finalmente entrare nel buio Video Lab, illuminato solo dalla luce di un grande schermo centrale dove viene proiettato il vincitore del Digital Heritage: un pugilatore di Mont'e Prama.

Redattori
Giulia Casula - 3ª A Liceo Classico "Motzo" di Quartu Sant'Elena
Eva Virginia Puddu - 3ª B Liceo Classico "Motzo" di Quartu Sant'Elena


Link utili
CRS4 - Alternanza Scuola Lavoro