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Le startup innovative a vocazione sociale in Italia

Persone intorno a un tavolo usano strumenti informatici 
29.07.2014
Qualche giorno fa abbiamo parlato di startup innovative, oggi riprendiamo il rapporto Rita, realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, che ha analizzato le 71 startup innovative a vocazione sociale (SIaVS) registrate in Italia (dati al 30 giugno 2014).

Innanzitutto definiamo cosa significa "a vocazione sociale". Le aziende, oltre alle caratteristiche che le definiscono startup innovative, devono svolgere la loro attività esclusivamente in alcuni campi: assistenza sociale, assistenza sanitaria, educazione, istruzione e formazione, tutela dell'ambiente, valorizzazione del patrimonio culturale, turismo sociale, formazione extrascolastica universitaria e post-universitaria, servizi culturali.

Le SIaVS rappresentano una settore abbastanza ridotto del totale delle startup innovative italiane: il 3,15%.

Il campo di attività prevalente è quello dei servizi editoriali (31%), seguito dall'istruzione (22,5%), dalla ricerca e sviluppo (18,3%) e dall'attività cinematografica (11,3%). Le restanti categorie hanno percentuali al di sotto del 6%, quindi con meno di 5 realtà.

Se si analizza la natura giuridica, la stragrande maggioranza delle SIaVS si qualifica come Srl (60,6%). Seguono le SrL a forma ‘semplificata’ (19,7%) e le Cooperativa (11,3%).

Dal punto di vista geografico le startup innovative a vocazione sociale risultano uniformemente distribuite rispetto alle startup innovative nelle regioni in cui entrambe sono presenti. La maggioranza di esse è in Lombardia (20 aziende, pari al 28,2%), a seguire Lazio e Toscana (rispettivamente con 11 e 8 imprese). Se si guarda invece all’incidenza delle SIaVS rispetto al totale delle SI il valore massimo lo si registra in Abruzzo (con l’11,43%), e a seguire Basilicata e Val d’Aosta (entrambe con l’11,11%). Le SIaVS sono assenti in Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria e Marche.

Per quanto riguarda la struttura proprietaria è emerso che quasi la metà delle startup a vocazione sociale possiede un numero di soci compreso tra due e tre (tre soci 25,4%, due soci 22,5%).

Il capitale sociale medio è uguale a circa € 13.000 e, in alcuni casi, nel capitale sono presenti incubatori, università e investitori istituzionali.

Il rapporto si conclude analizzando quali potrebbero essere i passi per favorire la nascita e la crescita delle SIaVS: favorire ed incentivare il trasferimento tecnologico e la collaborazione tra università e settore privato, garantire tempi certi e accettabili per i pagamenti delle aziende sanitarie e sociali pubbliche, sensibilizzare i cittadini su tematiche quali la prevenzione e il monitoraggio e, infine, rimuovere i vincoli burocratici che ostacolano l’investimento in infrastrutture con valenza sociale, come ad esempio centri di assistenza e cura, officine e strutture per disabili, luoghi di ricreazione, strutture sportive e turistiche, vie di comunicazione e trasporto, impianti a energia rinnovabile.

Fonte: EconomyUp.it

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